Quando il super chirurgo non riesce a trapiantare se stesso

Le promesse non mantenute al dottor Macchiarini, pharmacy cervello in fuga tornato in Italia e rimasto senza cattedra

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di Sabrina Giannini

Paolo Macchiarini, sick il primo chirurgo al mondo in grado di effettuare un trapianto di trachea bioingegnerizzata, ci conferma che in Italia essere i numeri uno non basta, anzi complica tutto.
La sua vicenda, più di altre, riesce a descrivere una realtà accademica dentro la quale si intrecciano interessi, nepotismi, illegalità e burocrazia.

Trattandosi di medicina universitaria che gestisce in Italia i policlinici e gran parte della ricerca, si può intuire la ricaduta sulla qualità della cura . «E’ una opportunità straordinaria per i nostri pazienti», dichiarò l’allora assessore per il diritto alla salute Enrico Rossi, oggi presidente della Regione Toscana.

Era il 2008 e il nome di Paolo Macchiarini riecheggiava nelle cronache di tutto il mondo perché era stato capace di fare il primo trapianto di trachea «anti-rigetto». Spinto dall’entusiasmo Rossi formulò un invito al professore viareggino sulla base della possibilità di “chiamata diretta e per chiara fama” prevista dalla legge n.1 del 9 gennaio 2009.

Macchiarini tradito dal suo amore per la Toscana lasciò il posto (e stipendio) da direttore del Dipartimento di chirurgia toracica dell’Hospital Clinic di Barcellona per migrare al Careggi di Firenze. Questione di poco tempo e avrebbe ricoperto il ruolo di primario, che in un policlinico di prassi dovrebbe collegarsi a una cattedra. «Chiesi rassicurazioni più volte e mi furono date», ricorda Macchiarini, «dissi che non potevo lasciare un posto così importante senza prima avere la certezza di poter operare come volevo, di avere una struttura per insegnare ai giovani e di portare avanti la ricerca». Si fidò delle rassicurazioni e lasciò Barcellona.

Lui e l’assessore Rossi evidentemente non conoscevano i meccanismi che regolano i rapporti tra l’ospedale universitario Careggi e la facoltà di medicina di Firenze. Un sistema dal quale lo stesso Macchiarini fuggì vent’anni fa, all’inizio della sua carriera. Ricorda: «Avevo fatto domanda per partecipare a un concorso da ricercatore ma il professore mi disse che dovevo ritirarmi perché quel posto era destinato a un altro». Se c’è un prescelto che deve vincere null’altro conta, ancor meno il merito. E’ il meccanismo dello scambio di favori tra i commissari (oggi a me domani a te) spesso alla base della selezione della classe accademica (il sistema di reclutamento è stato di recente modificato dalla riforma Gelmini).

«Non avevo alcuna intenzione di accettare questo sistema e me ne andai in Francia». Nel 1991 Macchiarini inizia il suo percorso nella chirurgia toracica presso l’Università di Paris-sud e da lì lavora ovunque, tranne che in Italia. Intervistato da Agostino Gramigna del Corriere della sera il 31 gennaio di quest’anno Macchiarini dichiara: «Sono ritornato nella mia Firenze e ho trovato gli stessi baroni di un tempo, più forti che mai, circondati da figli, parenti e amici degli amici».

DUE ANNI SENZA CATTEDRA – Incontro Macchiarini la prima volta all’ospedale Careggi a febbraio di quest’anno. «Ormai sono qui da due anni e ancora non c’è la cattedra. La commissione universitaria si è riunita quattro volte per decidere senza arrivare a una decisione. Il mio curriculum è chiuso in un cassetto».

«E’ prassi comune e poi riguarda la commissione e non solo il sottoscritto», replica il preside della facoltà di medicina dell’università degli studi di Firenze, Gian Franco Gensini che, in un primo momento, aveva proposto l’ingresso del chirurgo. Immerso in un limbo di attese e promesse Macchiarini subisce gli attacchi anche da giornalisti locali che lo descrivono come uomo dal brutto carattere arrivando a mettere in dubbio le sue capacità e i suoi risultati, perfino il suo curriculum. «Sono calunnie orchestrate, attacchi pilotati. Io leggo queste cose infamanti sui giornali ma nessuna smentita ufficiale. Io non ho chiesto di venire qui, mi hanno cercato loro. E in questo clima gli unici a rischio sono i pazienti».

Il rettore dell’università di Firenze Alberto Tesi, uno dei pochi cinquantenni ai vertici della gerontocrazia accademica replica seccamente alle accuse di Macchiarini sulle baronie: «Ogni ateneo, per poter chiamare un professore a tempo indeterminato deve attenersi a precise normative, e poi servono i fondi per assumere qualcuno». Silenzio assoluto sull’anonimo componente della commissione universitaria che ha prelevato dal cassetto il curriculum di Macchiarini per allungarlo a qualche giornalista animato da spirito “contradaiolo”.

CARDIO GATE – Colpi bassi degni di un palio che lasciano incredulo il chirurgo di fama internazionale, che è stato troppo all’estero per sapere quale scandalo giudiziario incombe sul preside della facoltà di medicina Gian Franco Gensini, coinvolto insieme ad altri colleghi illustri nel cosiddetto “cardio-gate”. Secondo i magistrati inquirenti i membri delle commissioni esaminatrici dei concorsi si sarebbero scambiati i favori in almeno una decina di concorsi per far vincere i parenti e i loro prescelti. Una fitta rete senza confini geografici dentro cui è finito anche Gian Franco Gensini per il quale la procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di concorso in associazione a delinquere, corruzione e falso.

Lo scandalo di cardiochirurgia è nazionale e il 24 giugno del 2004 finiscono in manette sette medici universitari. Tra questi anche Luigi Padeletti, a quel tempo professore associato e candidato a ruolo da ordinario per la cattedra in malattie cardiovascolari bandito dalla facoltà di medicina di cui Gensini è preside. Era il 2004 e il concorso fu bloccato da un blitz della Guardia di Finanza. In una intercettazione Padeletti confidava alla moglie che il preside Gensini si stava muovendo per aiutarlo: «Ha seminato bene… ma insomma si dovrebbe stare un po’ meglio». Secondo l’accusa lo stesso Padeletti avrebbe collaborato con l’illustre Mario Mariani per pilotare un concorso a Pisa e uno a Palermo. I rinvii a giudizio dei numerosi indagati saranno pronunciati dal Gup presso il Tribunale di Bari probabilmente nell’udienza fissata il prossimo 24 ottobre.

I colleghi di medicina hanno fatto muro intorno a Gensini: «Io sono stato eletto preside democraticamente per tre volte». Il rettore dell’università di Firenze Alberto Tesi non vede la presenza di Gensini come una minaccia alla credibilità dell’istituzione: «Finché non c’è la condanna prevale la presunzione di innocenza. E Luigi Padeletti? Due anni dopo l’intervento della Guardia di Finanza e la custodia cautelare ha vinto (sempre per concorso) il tanto agognato posto da professore ordinario e quello di direttore del dipartimento di Aritmologia presso l’azienda ospedaliera universitaria Careggi. La stessa dove Gensini dirige il dipartimento «del cuore e dei vasi».

Proprio il preside che non è riuscito a convincere quaranta “saggi” a trapiantare nel loro mondo Paolo Macchiarini, quello che per “chiara fama” si era illuso di avere una cattedra senza uniformarsi al “collaudato” sistema del concorso. «Un meccanismo di trasparenza che Macchiarini ignora a causa della sua scarsa conoscenza delle regole istituzionali», come ebbe modo di replicare il preside di facoltà Gensini. Intanto il posto da ordinario lo potrà ottenere presto dall’università che assegna i Nobel per la Medicina, il Karolinska Institute di Stoccolma.

LA SVEZIA – Incontro Macchiarini pochi giorni fa nella capitale svedese subito dopo il colloquio sostenuto davanti alla commissione esaminatrice. Se vincerà la cattedra si allontanerà sempre di più dall’Italia. Nel corso degli ultimi due anni ha effettuato presso l’ospedale fiorentino quasi duecento interventi, di cui almeno la metà ad alta complessità e tra questi anche cinque trapianti di trachea (due mai effettuati prima in Italia). Ma è in Svezia che lo scorso luglio ha raggiunto l’ultimo importante traguardo sostituendo la trachea di in un giovane affetto di tumore con un impianto completamente artificiale rivestito da un tessuto riprodotto con le sue cellule staminali. Un’operazione che segna una vera e propria svolta nella storia della medicina rigenerativa. A darne notizia purtroppo è stato il Karolinska.

Tre anni fa a Firenze gli avevano promesso un laboratorio per fare ricerca nel campo della rigenerazione dei tessuti ma per consistenza equivale alla scatola del “piccolo chimico” che Macchiarini tiene accanto alla scrivania per mostrare lo stato di avanzamento dei lavori del laboratorio. Nonostante tutto Macchiarini spera ancora nel contratto con l’ospedale Careggi per dirigere il «Centro europeo ricerca via aeree e torace» voluto con la forza della disperazione (ormai) dal presidente della Regione Toscana, «però aspetto da tre mesi questo contratto».

«Noi vogliamo Macchiarini e faremo di tutto per tenerlo», precisa Giovanni Squarci dell’ufficio stampa del Careggi, «ma il suo contratto richiede accorgimenti particolari quindi stiamo lavorando anche oltre l’orario per trovare al più presto una soluzione giuridica nuova e per certi versi innovativa, ma se sbagliamo ci troviamo contro tutti, la Corte dei conti in primis. Macchiarini è richiesto in tutto il mondo e giustamente pretende un contratto flessibile, ma è difficile fare passare l’eccezione in un sistema dove tutti i primari devono firmare il cartellino».

I FONDI – Cinque milioni di fondi europei che Macchiarini ha ottenuto grazie alla sua fama e credibilità scientifica dovrebbero bastare per avviare un progetto realmente autonomo di straordinaria importanza per la ricerca nel campo della rigenerazioni del tessuto delle vie aeree. Ma in Italia non basta. Intanto manca ancora il nome del direttore che prenderà il suo posto nel reparto di chirurgia toracico-polmonare. Si legge nelle cronache locali che lo starebbe cercando il preside, Gian Franco Gensini: «Perché l’ospedale ha bisogno di quella figura, qualunque cosa faccia Macchiarini». Non c’è dubbio che il Careggi ne ha bisogno dato che ha uno dei più alti tassi di mortalità nazionale in quel segmento clinico secondo gli indicatori di performance del 2009. Ma la decisione di privare i pazienti italiani del migliore sulla piazza non l’ha presa Macchiarini. Chi meglio del preside può saperlo? Addio o arrivederci dottor Paolo Macchiarini: Adjö, in svedese.

CORRIERE DELLA SERA

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